E’ arrivato il momento di bloccare il tentativo di apertura indiscriminata ai vettori esteri sul territorio nazionale, quelli stessi vettori che praticano ogni giorno una fortissima concorrenza sleale a danno degli autotrasportatori italiani”. Lo si legge in un comunicato di CNA Fita, la Federazione nazionale degli autotrasportatori.

I dati raccolti da CNA Fita – prosegue la nota –  sono eloquenti e allarmanti: negli ultimi anni l’autotrasporto italiano ha perso importanti quote di mercato per colpa di una concorrenza con la quale è impensabile competere. A farne le spese sono state soprattutto le piccole e medie imprese artigiane dell’autotrasporto che dal 2008 sono diminuite di 25.587 unità, oltre 2500 imprese all’anno, oltre 200 al mese, quasi sette imprese al giorno. Le imprese di autotrasporto italiane fino al 2008 avevano un ruolo significativo in Europa. In quasi dieci anni hanno progressivamente perso competitività e capacità di aggredire il mercato del trasporto internazionale. E’ il prezzo, durissimo, pagato  anno dopo anno all’invasione di operatori esteri, che si muovono occupando spazi importanti nel mercato nazionale praticando forme di cabotaggio non sempre regolare e spesso effettuato dalle cosiddette imprese “estero vestite”, cioè imprese italiane che hanno delocalizzato la propria attività nei Paesi dell’Est”.

“In questi giorni, a Bruxelles, con il dibattito sulle norme contenute nel pacchetto mobilità – aggiunge il comunicato – si stanno determinando le sorti e il futuro delle imprese di autotrasporto nel nostro Paese. Per questo chiediamo ai decisori politici di tenere gli occhi aperti e di esercitare la massima attenzione per garantire la sopravvivenza delle imprese di comparti strategici come  il trasporto e la logistica. Inoltre è assolutamente necessario che si adottino urgentemente misure in grado di arginare fenomeni distorsivi della concorrenza. Se non si interviene – conclude la nota di CNA Fita – metteremo l’autotrasporto Italiano nelle mani di altri. Non possiamo competere ad armi pari con chi, in nome della libera circolazione delle merci, esegue trasporti con un costo del lavoro di 8 euro all’ora, con costi di gestione generalmente più bassi e una tassazione favorevole”