Roma, 31 gennaio 2012
Cari colleghi,
dopo che lo scorso 18 gennaio il fermo nazionale proclamato dalla Conftrasporto-Fai e dalla Confartigianato Trasporti è stato sospeso, per sessanta giorni, in attesa che il Governo potesse dare concreta attuazione agli impegni che il vice ministro Ciaccia ha ribadito a margine dell’ultimo incontro avuto con le rappresentanze dell’autotrasporto, alcuni autoconvocati insieme a Trasporto Unito hanno comunque deciso di proseguire organizzando diversi blocchi in tutta Italia.
La nostra Associazione come sapete non ha aderito sin dall’inizio a quella proclamazione e tanto meno ha partecipato attivamente alla discussione, in seno all’esecutivo di Unatras, che ha poi determinato le singole proclamazioni da parte delle sigle succitate.
Per esprimere la nostra opinione abbiamo atteso fino ad oggi intenzionalmente, ovvero solo dopo l’esito del fermo, per non dare adito a ulteriori strumentalizzazioni da parte di chi continua a non comprendere le ragioni del nostro percorso scagliandosi contro la Cna-Fita che avrebbe sparigliato le carte e compromesso, a loro insindacabile giudizio, l’unitarietà della categoria.
Per un’analisi complessiva sul fermo e sulle sue modalità d’attuazione stiamo aspettando di avere tutti gli elementi utili per aprire anche un confronto al nostro interno che possa comunque trarne un giudizio complessivo, approfondito e soprattutto condiviso.
Circa le motivazioni che ci hanno visto defilati e apertamente non disponibili alla proclamazione di fermo ne ho diffusamente discusso con voi nei numerosi incontri nelle presidenze regionali, nelle tante riunioni e nella mia ultima lettera aperta dove spiegavo quanto e come ciò che l’autotrasporto doveva attendersi ancora da un Governo appena insediato erano poche e precise questioni.
A tal proposito ritenevamo, a ragion veduta visto gli esiti, che il dialogo e la capacità propositiva avrebbero certamente garantito risultati apprezzabili, senza dover per questo cadere in schemi vertenziali inopportuni vista la condizione di estrema criticità in cui Governo e parti sociali si trovano ancora oggi ad operare.
Portare in strada i nostri operatori, esponendoli al duro giudizio di un’opinione pubblica altrettanto esasperata, facendo leva unicamente sulla disperazione e sapendo che i risultati concreti ottenibili non avrebbero in ogni caso potuto esaurire l’insoddisfazione latente, non ci convinceva allora e non ci convince tutt’ora. Trasformare il fermo in una prova di forza di pochi contro molti e con il concreto rischio, poi verificatosi, che forze malavitose monopolizzassero, con la violenza, la protesta ci ha visti sin dall’inizio contrari oltre che allarmati.
Questa Cna-Fita è convita che in strada ci si deve andare per chiedere cose certe e definitive, su cui si mette in gioco tutta la credibilità di un comparto e delle sue rappresentanze per ottenerle. L’ho già detto, la Cna-Fita non ci sta più ai fermi sulla carta o peggio ancora ai blocchi selvaggi nella più completa anarchia ed inconsistenza rivendicativa, e crede che il fermo debba rimanere l’estrema ratio per affermare invece una rivendicazione precisa a tutti i costi. Se fermo vi sarà, l’ho ripetuto più volte, sarà quello della Cna-Fita e per ottenere ciò che in tutti i modi pacifici possibili è stato richiesto.
Ciò che è stato ottenuto invece, come il rimborso anticipato delle accise del 2011 (una nostra proposta fatta in tempi non sospetti), la trimestralizzazione delle accise a partire da quelle del 2012, la modifica del calendario dei divieti di circolazione, oltre alla conferma dei 400 milioni stanziati dal precedente Governo erano tutte questioni su cui il Governo Monti si è reso disponibile al dialogo dimostrando buona volontà. Piccoli passi nella direzione di un allentamento della pressione che però continua a pesare su un autotrasporto assediato dai soliti problemi che neanche la legge sui costi minimi ha saputo arginare e risolvere: l’aumento indiscriminato dei costi industriali e l’impossibilità di vederseli riconosciuti dai nostri committenti.
Su questo ultimo e cruciale aspetto sapevamo che nell’immediato non sarebbe stato possibile ottenere ciò che tutti noi vogliamo, ovvero la possibilità di fare impresa sul mercato ma nel rispetto di precisi vincoli di sicurezza per il bene di tutta la filiera e più in generale dell’economia del paese.
Ahimè nonostante una legge attualmente vigente il problema con la committenza è tutt’ora irrisolto e pressante.
Da subito la Presidenza che ho l’onore di presiedere ha denunciato in modo chiaro quanto e come quell’impianto di legge fosse, ai fini pratici, debole da molti punti di vista e soprattutto concretamente ininfluente rispetto al condizionamento sui contratti e sui valori economici dei noli, tant’è che siamo ancora qui a discuterne.
In molti hanno in questi giorni affermato che se la legge veniva così apertamente osteggiata dalla committenza un motivo c’era: evidentemente è una buona legge. Così ci è stato più volte riferito, peccato che noi, alla Cna-Fita, giudichiamo le leggi dai risultati e non dalle supposizioni. In concreto l’83-bis e i costi minimi di sicurezza non ci hanno cambiato la vita e soprattutto non ci hanno messi al riparo dagli aumenti del costo del gasolio, dei pedaggi, delle assicurazioni e dei traghetti. Pochi applicano quei costi e quando li richiediamo ci rispondono “avanti un altro” che puntualmente è lì a stracciare il prezzo.
la legge c’è ma non funziona. Questo lo stiamo dicendo da almeno sette mesi ma per tutta risposta ci viene detto e fatto capire che così facendo pregiudichiamo l’unitarietà della categoria, mentre invece pensiamo che quella categoria stiamo tutelando in primis senza nascondergli i fatti e soprattutto senza confonderla con l’ennesima proclamazione di fermo prontamente ritirata o con proteste selvagge e inutili.
La nostra Associazione ha prima di tutti denunciato il comportamento del vecchio Governo che ha varato la legge senza renderla operativa sino in fondo attraverso i meccanismi sanzionatori e soprattutto attraverso una seria politica dei controlli.
La nostra Associazione ha da sempre messo in chiaro che i costi minimi non sarebbero dovuti essere trasformati in tariffe attraverso le acrobazie di un Osservatorio trasformato da organismo tecnico in ennesimo tavolo politico. Così facendo abbiamo consentito all’Antitrust di bollare la legge sui costi minimi come tariffe anticoncorrenziali e oggi, nonostante i facili entusiasmi sull’esito del ricorso al Tar da parte della committenza, il problema sussiste e pende sulla nostra testa come una pesantissima spada di Damocle.
Essendoci convinti in questi mesi, attraverso il costante confronto con i nostri associati, di quanto e come la legge non funzionasse efficacemente abbiamo quindi voluto contestarne i due elementi che secondo noi la minano alla base: la mancata condivisione da parte della committenza e soprattutto il fatto che qualora tutto quanto sopra fosse ottenuto, come è già in parte accaduto, alla fine l’onere della denuncia, in mancanza di controlli massicci, ricadrà sempre e comunque sulla parte debole contrattualmente, ovvero l’autotrasportatore.
Sappiamo tutti che “fatta la legge… trovato l’inganno” e anche per questo bisognerebbe condividerne sino in fondo la valenza e soprattutto la portata con chi altrimenti, facilmente, può eluderla sul mercato. Sappiamo che in tribunale, e sinora solo lì, quei costi ci verrebbero riconosciuti, pena l’autodenuncia e l’inevitabile perdita del cliente.
Una riforma, è veramente tale, se cambia i comportamenti degli operatori interessati sul mercato e non in tribunale.
Lo voglio affermare per l’ennesima volta non ci siamo voluti fermare o più correttamente non abbiamo voluto “minacciare” di farlo credendo, e i fatti ci danno ragione, che tutto ciò che era ottenibile nell’immediato lo si poteva ottenere mostrando responsabilità e credibilità che auspico continueranno ad essere premiate da chi, nel Governo, intende costruire un dialogo risolutivo.
Anche per questo abbiamo inteso, noi per primi, dimostrare quanto crediamo al dialogo e alla forza dei percorsi condivisi se portati sino in fondo con coerenza e credibilità. A tal fine abbiamo ripreso l’interlocuzione interrotta più di un anno fa con la committenza ed in particolare con Confetra e Confindustria, abbandonando rappresentazioni apocalittiche di chi continua a dividere gli imprenditori in buoni e cattivi togliendo loro la migliore carta a loro disposizione nei momenti di crisi dura come questa che stiamo vivendo: il dialogo.
Ognuno deve saper fare la propria parte e gli imprenditori, piccoli e grandi, devono certamente dimostrare di saper ricomporre i loro interessi sul mercato preservando valori fondamentali come la sicurezza e la legalità.
Come presidente ho più volte speso parole di forte denuncia per sottolineare che il problema del dumping dei prezzi non può essere unicamente visto solo dal punto di vista giuridico. Non sarà una legge a risolvere il problema dei costi ma sempre più la capacità di mettere al bando l’illegalità diffusa nel nostro settore che consente a molti operatori di praticare prezzi completamente fuori mercato. Su questo aspetto il Governo in primis, ma anche la committenza, devono dare segnali precisi e credibili di contrasto del fenomeno. In questi giorni di blocchi violenti anche i bambini si sono resi conto come e quanto la malavita organizzata condizioni ed utilizzi per altri scopi il nostro settore.
In conclusione manifesto stupore circa il fervore unitario tanto caro anche a chi l’ha abbracciato tardivamente come opzione dell’ultima ora, oppure a chi, sempre da posizioni minoritarie, intende tutelarlo assecondando pericolose derive pseudo rivoluzionarie.
Ai nostri compagni di viaggio in Unatras rivolgo invece un invito alla riflessione. Per noi in Cna-Fita l’unitarietà non rappresenta un totem a cui rivolgerci fideisticamente e acriticamente. L’unitarietà per noi è un metodo da applicare con convinzione e trasparenza. Unatras rimane un coordinamento importante ma che deve comunque coordinare le differenze in esso contenute senza mai dimenticare che ciò non rappresenta un limite bensì una ricchezza. Le differenze, se sono organizzate e rispettate, possono portare a sintesi esaltanti e soprattutto produttive. Differentemente se l’approccio unitario serve a contenere, imbrigliare e nel peggiore dei casi a etero-dirigere gli interlocutori imponendogli sintesi nate altrove il risultato non può che essere quello che è: insoddisfacente come da diversi anni a questa parte.
Cinzia Franchini
Presidente Nazionale Cna-Fita