Secondo un’indagine di Cna e Confartigianato Marche, su dati della Banca d’Italia  e del Crif (centrale rischi finanziari), nel 2013 la domanda di credito da parte delle imprese marchigiane, è aumentata del 15,9 per cento mentre le imprese artigiane e quelle con meno di 20 dipendenti, hanno visto i prestiti ridursi in due anni del 14,3 per cento. 

Le imprese chiedono credito ma le banche tagliano i prestiti. Il risultato? Crollo degli investimenti e la crisi che si avvita su sé stessa. Secondo una indagine di Cna e Confartigianato Marche, su dati della Banca d’Italia  e del Crif (centrale rischi finanziari), nel 2013 la domanda di credito da parte delle imprese marchigiane, è aumentata del 15,9 per cento mentre gli istituti di credito hanno ridotto le somme erogate alle aziende della regione. A farne le spese sono state soprattutto le imprese artigiane e quelle con meno di 20 dipendenti, che hanno visto i prestiti ridursi in due anni del 14,3 per cento, scendendo da 6.756 a 5.787 milioni di euro.

“Solo le imprese del Molise” commentano i presidenti di Cna Marche Gino Sabatini e di Confartigianato Marche Salvatore Fortuna “hanno subito una riduzione dei prestiti maggiore mentre il calo dei prestiti a livello nazionale è stato del 10,9 per cento. Lo scorso anno, anche come conseguenza della stretta creditizia, le  imprese delle Marche con meno di 20 addetti, secondo Trend, l’osservatorio congiunto delle associazioni artigiane,  hanno ridotto del 32 per cento i loro investimenti. Addirittura, gli investimenti in macchinari e impianti hanno subito, in un solo anno, una contrazione del 43,7 per cento”.

Tra le province marchigiane, quella dove le banche hanno stretto di più i cordoni della borsa tra giugno 2011 e giugno 2013, è stata Macerata (-16,2 per cento) seguita da Ascoli Piceno (-15,5), Ancona (-14,0), Pesaro e Urbino (-13,2) e Fermo (-12,9).

“Le nostre imprese” precisano Fortuna e Sabatini “non hanno bisogno di grosse somme, tanto che l’importo medio dei prestiti richiesti nel 2013 ammonta ad appena  75.347 euro. Cifre piccole ma fondamentali per la sopravvivenza di tante piccole attività economiche. Infatti l’impossibilità di autofinanziarsi a causa della bassa capitalizzazione e della scarsa liquidità impone alle nostre piccole imprese di dover contare su una continuità delle linee di credito al fine di poter proseguire l’attività.”

Insomma, le imprese marchigiane sarebbero anche pronte a tornare a investire in beni materiali ma anche in asset immateriali, come la formazione, il marketing,  la ricerca e lo sviluppo, gli studi di mercato. Ma la loro volontà di investire è ostacolata dalla difficoltà di reperire risorse. Come uscirne?

“Per favorire l’accesso al credito degli artigiani e delle piccole imprese” propongono Sabatini e Fortuna “è urgente un intervento di Governo e Regione per rafforzare la filiera delle garanzie, valorizzando i consorzi fidi promossi dalle associazioni di categoria, che sono vicino alle imprese e conoscono il territorio”.

Intanto le imprese artigiane non hanno visto soltanto ridursi i prestiti da parte delle banche ma si sono anche impoverite. Infatti, secondo i dati Banca d’Italia, i depositi bancari ed il risparmio postale degli artigiani marchigiani sono scesi in un anno da 12.127  i a 11.703 milioni, con un calo di 424 milioni di euro, pari al 3,4 per cento.