Piccole imprese delle Marche con meno di 20 dipendenti, segnali positivi.  Dopo aver resistito con le unghie e con i denti per dieci, lunghi anni di crisi, rialzano la testa e aumentano il fatturato. Lo sostiene l’Osservatorio congiunturale Trend Marche, presentato oggi da Cna, Confartigianato e Ubi Banca e realizzato analizzando i bilanci del primo semestre 2019, di un vasto e rappresentativo campione di imprese.

“L’incremento dei ricavi” ha affermato Ilario Favaretto dell’Università di Urbino  illustrando il rapporto “è stato del 4,3 per cento. In particolare  i ricavi per conto terzi hanno registrato una crescita decisamente più accentuata (+8,1 per cento). Nel primo semestre 2019 ha anche accelerato la crescita delle spese da retribuzioni (+21,2 per cento)  ed è calata ulteriormente la spesa per i consumi (-8,7 per cento).”

In particolare, secondo Trend Marche,  il fatturato è in crescita tra le imprese delle costruzioni (+14,1 per cento) nei servizi (+4,8 per cento), con la ristorazione e turismo che incrementano gli utili del 4,4 per cento. In diminuzione sono invece i ricavi nelle attività manifatturiere (-3,4 per cento), soprattutto nel tessile abbigliamento e calzature (-13 per cento) e nella meccanica (-12,2), ad eccezione della meccanica di base (+4,3).

Alla presentazione dell’Osservatorio Trend Marche sono intervenuti il presidente di Cna Marche Gino Sabatini, il vicepresidente di Confartigianato Marche Paolo Longhi, Ilario Favaretto dell’Università di Urbino, Gian Luca Gregori rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Roberto Gabrielli  Responsabile Macro Area  Marche – Abruzzo UBI Banca e l’Assessora regionale all’Artigianato Manuela Bora.

Quelli che non ce l’hanno fatta. Il rovescio della medaglia rispetto alle imprese che crescono, si può leggere nelle serrande abbassate e nei capannoni vuoti di chi non ha più alcun bilancio da presentare, perché ha gettato la spugna ed ha cessato l’attività. Nei primi undici mesi del 2019, le imprese marchigiane in attività sono passate da 148.858 a 147.448 con un calo di 1.410 aziende. Oltre la metà di chi ha abbassato la serranda lavorava nel commercio (-750 unità ). Seguono l’agricoltura (-688), il manifatturiero (-258 unità) e le costruzioni (-334). Cala ulteriormente anche il numero delle imprese attive nel settore trasporti e magazzinaggio (-79). La perdita delle imprese attive dei settori indicati non viene compensata dalla crescita del numero delle imprese che si registra tra quasi tutte le attività dei servizi. Una crescita che è più marcata per i servizi di noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (+172 unità) e poi per le attività immobiliari (+160) e le attività professionali scientifiche e tecniche (+141).  Male anche l’artigianato, con le imprese in discesa da 44.713 a 44.076 (-637) da gennaio a novembre.

Bene l’export marchigiano, ma solo grazie a nautica (+355,8 milioni di euro)  e farmaceutica (+169,3 milioni di euro).  Nei primi nove mesi del 2019 le esportazioni manifatturiere delle Marche  ammontano a 8,9 miliardi di euro, valore in crescita del 3,3 per cento  rispetto ai primi nove mesi del 2018, pari a 286,3 milioni di euro in più.

Marche ancora in ritardo. “I segni di ripresa” ha spiegato il rettore dell’Università Politecnica delle Marche Gian Luca Gregori  “non bastano a far recuperare alle Marche il ‘gap’ con l’Italia. Rispetto al 2008 il pil regionale è inferiore dell’8,4 per cento mentre a livello nazionale la flessione è inferiore alla metà (-3,4). Oggi il Pil annuale prodotto dalle Marche è di 38,2 miliardi di euro rispetto ai 41,7 miliardi di dieci anni fa. Il pil per abitante è sceso da 27.197 a 25.011 euro, mentre anche gli investimenti sono passati dagli 8,3 miliardi di euro del 2008 ai 6,5 miliardi attuali, riducendosi di un quarto. Occorre ripartire dalle imprese e dal contesto territoriale, che è fondamentale per la loro competitività”

Fare squadra e giocare in attacco. “Dopo dieci anni passati in difesa” hanno dichiarato il presidente Cna Marche Gino Sabatini e il vicepresidente Confartigianato Marche Paolo Longhi è tempo di ribaltare il campo d’azione e progettare il futuro, cercando di fare sistema tra istituzioni, università, istituti di credito, associazioni di categoria. Occorre puntare forte su infrastrutture, investimenti, occupazione e turismo, semplificando la burocrazia e riducendo il carico fiscale per le imprese. Soprattutto bisogna investire sempre più nel capitale umano, l’autentico valore aggiunto nella competizione del mercato globale”.