I giorni che seguiranno al periodo di ferie estivo destano forti preoccupazioni.

Non è esagerato parlare di “miracolo” se la maggior parte delle aziende la prossima settimana non decideranno di abbassare definitivamente le serrande dei propri laboratori. L’allarme è concreto e i segnali sono chiari: se alcune aziende resistono strenuamente alla crisi e altre ancora (poche in verità) a fine agosto riprenderanno l’attività a pieno ritmo, ce ne sono alcune che hanno già richiesto la cassa integrazione per il mese di settembre e l'impressione è quella che altre decideranno di non riaprire i battenti.

D’altra parte i dati relativi al secondo trimestre dell’anno danno un quadro generalizzato orientato ancor in negativo, con qualche punto di crescita limitatamente ad alcuni settori e alle aziende impegnate nei mercati esteri. Un quadro generale ancora a tinte fosche.

Si parla di settembre come un mese di ripresa – afferma il Presidente della CNA Provinciale di Fermo, Sandro Coltrinarima purtroppo possiamo essere solo cautamente ottimisti, visto che la crescita registrata negli ultimi mesi è davvero marginale. In molti stanno puntando sull'export – prosegue – un aspetto importante ma che comunque non è sufficiente a far ripartire il mercato interno. Per innescare una spirale positiva è necessario che l'Europa allenti i cordoni e permetta all'Italia di ripartire da obiettivi di crescita interna, rendendo il patto di stabilità meno vincolante, per far sì che gli enti locali possano investire, ad esempio, sulle ristrutturazioni ordinarie e straordinarie del patrimonio.

Ci saremmo aspettati un Decreto del Fare più incisivo: urge, infatti, operare sulle leve dell'occupazione attraverso una politica più lungimirante. Se non si mettono in campo interventi urgenti – conclude Coltrinaririschiamo di perdere gran parte del patrimonio imprenditoriale di questo territorio”.

Sul Decreto del Fare interviene anche il Direttore Provinciale della CNA di Fermo, Alessandro MiglioreIl Decreto finora non ha dato i frutti sperati, soprattutto per quel che riguarda gli incentivi alle assunzioni di giovani. Ad oggi non abbiamo alcun nuovo incentivo che permetta alle aziende di inserire forze nuove, giovani, capaci di stimolare quell’avanzamento culturale necessario alle piccole aziende per proporsi, e nella maniera migliore, sul mercato economico mondiale.

Dobbiamo renderci conto – afferma Alessandro Miglioreche queste mancate sensibilità non solo si riflettono sull’aumento di problemi di carattere sociale, ma causano danni allo sviluppo e al progresso delle nostre aziende che, già appesantite da oneri e livelli di tassazione oltre ogni limite, decidono così di rinunciare al loro futuro, cioè all’assunzione di giovani che possano continuare l’attività, trasformarla con l’aiuto dell’innovazione e farla progredire con l’aiuto delle nuove tecnologie”.

Quali sono le ricette per la ripresa? “La CNA le ha indicate più volte – riferiscono Presidente e Direttoreper quanto riguarda le imprese, la necessità di guardare a nuovi mercati, all’estero e alla possibilità di mettersi in rete e collaborare; per quanto riguarda le istituzioni, ridurre immediatamente la pressione fiscale, anche a livello locale; favorire le imprese territoriali negli appalti pubblici; provvedere a saldare – così come previsto da appositi decreti del Governo – i debiti delle PA (circa 20 milioni di euro), nei confronti delle aziende; ridurre la burocrazia”.

Di fondamentale importanza, concludono Sandro Coltrinari e Alessandro Migliore, il discorso legato al credito: “Bisogna far ripartire linee creditizie agevolate nei confronti delle aziende: le politiche degli istituti di credito (anche locali), hanno puntato a favorire fino ad ora solo i grandi, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti, lasciando a secco invece tante piccole aziende che costituiscono la vera risorsa del nostro sistema territoriale. I cordoni della borsa per le piccole e micro imprese hanno continuato ad essere inesorabilmente chiusi Occorre dare una svolta radicale a questo tipo di atteggiamento delle banche. Fino ad ora sono stati i soli Consorzi Fidi, come Fidimpresa Marche, a garantire linee di finanziamento a molte di queste aziende. A loro e solo a loro, va il merito di aver salvato centinaia e centinaia di imprese durante questi ultimi tre anni”.